Molti anni fa, come giudice tutelare mi sono occupato della vigilanza delle strutture che ospitano minori, in particolare il compito era vedere se vi erano bambini in stato di abbandono, ospitati nei vari collegi, nella stragrande maggioranza gestiti da suore. Tra i nostri compiti vi era quello di verificare la quantità e la qualità dei rapporti con i genitori e i parenti, al fine di segnalare al tribunale per i minorenni la situazione per una eventuale apertura di procedimenti per la limitazione della potestà genitoriale fino a quella più grave per l’accertamento di uno stato di abbandono, finalizzata all’adozione. Il giudice tutelare riceveva ogni sei mesi l’elenco dei minori ospitati e poi, senza preavviso, venivano fatti controlli anche con la polizia giudiziaria.
Per la mia esperienza posso affermare, salvo rare eccezioni, l’assoluta dedizione e professionalità degli operatori che lavorano in queste strutture. Non ho mai avuto dubbi sulla correttezza del loro operato.
Il difetto maggiore è quello di generalizzare episodi realmente accaduti e farli passare come prassi normale. Abusi e maltrattamenti sono stati e saranno possibili, ma da questo non ne discende che tutti gli istituti praticano mezzi educativi violenti, crudeli.
La cultura e la prassi dei tribunali per i minorenni sono state quelle di limitare il collocamento in casa famiglia, da riservare a casi eccezionali in cui non erano possibili soluzioni diverse. Può anche darsi che qualche giudice minorile assuma provvedimenti con ritardo, ma escludo in modo assoluto che ciò avvenga per far lucrare agli istituti sulle rette.
Dopo lo scandalo di Roma, “Mafia capitale”, non si può affermare che tutte le cooperative del settore sono composte da persone che si approfittano della situazione per guadagni illeciti: conoscendo l’impegno, la serietà i sacrifici, il coinvolgimento di tanti, mi sembra ingiusto processare un intero settore con gravi accuse.
Gianfranco Ausili, già Giudice Tutelare, Pretura di Roma