Laura è una donna. Bella, non troppo alta. Qualche capello bianco si mescola con gli altri. Le piace camminare nel giardino di CASABLU. Quando arriva qualcuno gli viene incontro ma all’ultimo si scansa: non incrocia mai lo sguardo.
Laura è una donna con gravissima disabilità. Ha bisogno di essere aiutata a mangiare, a vestirsi, a lavarsi. Vive a CASABLU, una casa famiglia, un appartamento apparentemente normalissimo, in un condominio, ma dentro speciale: vive assieme ad altre cinque persone con disabilità e a tanti operatori che si prendono cura di loro.
Spes contra spem è la cooperativa che gestisce CASABLU e che presiedo. Un mese fa eravamo al funerale della mamma di Laura. Oggi sentiamo risuonare la domanda delle domande. La domanda che ciascun genitore si pone appena nasce un figlio con disabilità: «E dopo di noi?» Ne sentiamo tutta la responsabilità, stiamo rispondendo con amore, professionalità e serietà; con la ricerca della congruenza tra chiacchiere (tante) e la concretezza della charitas1, che passa per ventiquattro persone che lavorano giorno e notte con passione e intelligenza, per il lavoro di chi le seleziona, di chi le coordina, di chi è presente (tre persone la mattina, altre tre il pomeriggio tutti i giorno dell’anno, compresa Pasqua e pasquetta). Per il lavoro di chi in Regione e Comune finanzia, controlla e coordina un progetto come questo.
Ora un po’ di domande: di chi è la responsabilità della vita di Laura? Per quale motivo ne ha la responsabilità? Cosa bisogna fare per questa vita? Chi lo deve fare?
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